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Novembre 14, 2016

Nome e cognome come marchio: i marchi patronimici

Nome e cognome di persona possono essere registrati come marchi: ne sono un esempio marchi famosissimi in tutto il mondo come Salvatore Ferragamo, Gucci, Ferrari, Giovanni Rana.

In questi giorni di elezioni americane abbiamo scoperto che anche Donald, Melania e Ivanka Trump alcuni anni fa hanno deciso di registrare i propri nomi per svariate categorie di prodotti e servizi (ad esempio: servizi finanziari, industria alberghiera, gioielleria, abbigliamento, scarpe).

A dire il vero i marchi patronimici sono molto diffusi, ad esempio nel settore della moda e nel settore alimentare e vitivinicolo e molto spesso rappresentano una soluzione molto efficace in termini di comunicazione del messaggio aziendale.

Il motivo si intuisce abbastanza facilmente. In alcuni settori, infatti, l’identità di chi progetta, realizza e vende il prodotto (o il servizio) può essere considerata sinonimo di stile (ad esempio nel settore della moda) oppure testimonianza di esperienza e tradizione familiare (ad esempio nel settore alimentare e vitivinicolo).

Non è raro quindi che designer, produttori o, più in generale, imprenditori, decidano di legare il proprio brand al proprio nome e cognome.

La legge consente di registrare il nome di una persona come marchio, ma attenzione perché, salvo casi eccezionali, non richiede che i marchi patronimici siano registrati solo ed esclusivamente dal titolare del nome.

Questo significa che chiunque può registrare come marchio il nome che preferisce, anche se non è il proprio purchè l’uso del marchio non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare il nome (art. 8 CPI).

Come anticipavamo, tuttavia, qualora il nome per il quale si richiede la registrazione sia notorio può essere richiesto il consenso dell’avente diritto ovvero dell’effettivo titolare.

Dato che il deposito del marchio conferisce al depositante il diritto esclusivo di utilizzarlo, vi starete chiedendo cosa accade al titolare del nome che non ha effettuato la registrazione.

Il codice della proprietà industriale italiano all’art. 21 in tema di limitazioni all’utilizzo del marchio registrato precisa che i diritti di marchio d’impresa registrato non permettono al titolare di vietare ai terzi l’uso nell’attività economica, purchè l’uso sia conforme ai princìpi della correttezza professionale: a) del loro nome e indirizzo; b) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio; c) del marchio d’impresa se esso è necessario per indicare la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.

Da una prima lettura della norma sembrerebbe che il titolare del patronimico possa utilizzare il proprio nome nell’ambito dell’attività economica se l’uso è conforme ai princìpi della correttezza professionale; di fatto però numerose sentenze chiarendo la portata dell’art. 21 CPI ne hanno significativamente ristretto il perimetro.

In particolare, in più occasioni, la Cassazione ha stabilito che “Un segno distintivo costituito da un certo nome anagrafico e validamente registrato come marchio, non può essere di regola adottato, in settori merceologici identici o affini, né come marchio né come denominazione sociale, salvo il principio di correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, atteso che il diritto al nome trova, se non una vera e propria elisione, una sicura compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, ove esso sia divenuto oggetto di registrazione da parte di altri; l’inserimento nella denominazione sociale del patronimico di uno dei soci, coincidente con il nome proprio precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, non è conforme alla correttezza professionale, se non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi offerti, esigenza non ravvisabile per la sola circostanza che il nome sia patronimico di un socio” (Cass. 6021/2014).

Non è pertanto scontato che il titolare possa utilizzare il proprio nome nell’attività commerciale se questo è stato oggetto di registrazione da parte di terzi, quindi se avete intenzione di utilizzare il vostro nome come marchio per la vostra attività non sottovalutate l’importanza della registrazione.

Per maggiori informazioni scriveteci.

 

Benedetta Cacialli
Fondatrice di Tutelarti. Avvocato esperto in deposito di marchi e design in Italia e all’estero; difende clienti in giudizio e nelle procedure di opposizione italiane ed europee. Cura inoltre pratiche di pubblicità, concorrenza sleale e di diritto dei consumatori. Per saperne di più visita la scheda di Benedetta Cacialli

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